L'opera "La terapia familiare in Europa. Invenzione a cinque voci", nell'edizione italiana curata da Luigi Onnis, è sorprendente e stimolante per una molteplicità di
ragioni. E' certamente un libro importante dal punto di vista scientifico, rappresentando una nitida opportunità per seguire l'evoluzione del pensiero sistemico che è stato capace di accogliere i
paradigmi evolutivi, di incontrare la cibernetica di secondo ordine e gli orientamenti costruttivisti, in continuo movimento, dentro una prospettiva di complessità. Gli sviluppi epistemologici
vengono integrati armonicamente, nell'esperienza clinica e della formazione, qui gli autori ci conducono nei loro contesti clinici e di ricerca, così che il lettore può immergersi profondamente in
questo processo evolutivo.
Nel contributo di Luigi Onnis veniamo accompagnati nei luoghi interdetti ed ignoti alla prima cibernetica, l'autore ci introduce nella "scatola nera" all'esplorazione del mondo interno degli
individui e delle famiglie. La bussola è rappresentata dai più recenti sviluppi delle neuroscienze e l'attenzione si concentra sulla dimensione dei miti familiari e delle loro funzioni, soffermandosi
sul loro ruolo come cemento dell'appartenenza e dell'identità in seno al sistema familiare. L'autore affronta le loro diverse vie d'espressione, collegandosi alla neurobiologia e al linguaggio non
verbale permettendoci di partecipare all'esperienza nella quale mirabilmente prendono forma con le "Sculture del Tempo Familiare". Una volta di più Luigi Onnis mostra il rilievo primario che la
storia trans-generazionale delle famiglie ha conquistato nel lavoro clinico e nella ricerca sistemica.
Elida Romano ci aiuta ad avvicinare il dolore e la disperazione dell'emergenza neuropsichiatrica, fornendoci strumenti efficaci ed originali in particolare nel trattamento del disagio in una fase
assolutamente cruciale del ciclo di vita della famiglia: l'adolescenza. Il suo articolo entra nella prima linea drammatica delle esperienze di ospedalizzazione degli adolescenti attraverso un
complesso caso clinico. Il luogo del ricovero è l'ospedale "Le Clos Benard" dove l'autrice lavora con la sua equipe dedicata a mettere da subito in campo, già nell'emergenza del ricovero, un lavoro
di cooperazione tra l'istituzione, il paziente e la famiglia, in un processo di condivisione delle responsabilità e delle funzioni. L'epilogo è affascinante, rispetto all'esperienza di risoluzione
dei vissuti di incompetenza e fallimento dell'adolescente e della sua famiglia.
Il contributo di Edith Goldbeter-Merinfeld riparte dall'esperienza della psicoterapia che concepisce come un processo che favorisce, attraverso la presenza di una terza persona chiamata
psicoterapeuta, l'emergere di un campo relazionale che rende possibile una modifica dei vissuti e delle prospettiva di vita, in modo tale che le sofferenze e i sentimenti di disagio visti in una luce
diversa, si riducono o spariscono. Partendo da qui Goldbeter-Merinfeld, definisce la funzione del "terzo leggero o pesante" che può ricoprire ogni membro nella relazione terapeutica, interrogandosi
sul posto di terzo preso dal terapeuta in seno al sistema terapeutico, avanzando e sviluppando l'ipotesi che questo posto esistesse già in precedenza all'inizio della terapia, occupato da qualcun
altro, un membro della famiglia, una persona cara. Da qui si sviluppa l'originale lavoro dell'autrice nello spazio creativo e sorprendente della terapia.
Nel lavoro di Juan Luis Linares si rientra nei luoghi del tempo familiare, scoprendo come le difficoltà e i drammi dei discendenti, possono coincidere con problematicità irrisolte nella gestione
delle relazioni coniugali o genitoriali dei loro genitori. Lo sviluppo teorico e l'esemplificazione delle dimensioni del disagio passa attraverso la rilettura originale del mito delle origini che
sottende la cultura giudaico-cristiana, immaginando diverse configurazioni relazionali che avrebbero potuto presentare la famiglia di Adamo e Eva. L'autore illustra chiaramente il definirsi complesso
di diverse forme di coniugalità e di genitorialità, collegandole di volta in volta a diversi quadri multiproblematici attesi nei figli.
Infine il contributo di Marco Vannotti, elegantemente, moltiplica la domanda sulle dimensioni della psicoterapia, dedicandosi all'esperienza unica e profonda della formazione alla psicoterapia
sistemico-relazionale, cercando di avvicinare il livello dei vissuti del peculiare sistema in formazione, costituito dai didatti e dagli allievi. L'autore a partire dall'assunto della formazione, che
non può prescindere dalla costruzione, dalla trasmissione e dall'acquisizione di una triade di saperi distinti e complementari: il sapere (corpus teorico), il saper fare (competenze pratiche) e il
saper essere, ne aggiunge un quarto: il saper cooperare, collegandolo specificatamente alla dimensione dell'essere. Vannotti, da qui, disvela la sua esperienza di formatore e ricercatore facendo
emergere peculiarità specifiche della formazione sistemica nella quale si definiscono le dimensioni dell'etica del saper essere, nutrita dall'empatia, dal coraggio, dalla determinazione e dalla
prudenza.
In non molti volumi scientifici dedicati alla psicoterapia e non solo, emerge il valore del dialogo e del confronto tra gli autori, nei casi più riusciti il curatore raccoglie e integra contributi di
autori diversi cercando di promuovere una visione molteplice e integrata dei temi proposti. Qui, nel libro "La terapia familiare in Europa. Invenzione a cinque voci" l'obiettivo dialogico si afferma
in modo originale e innovativo, i contributi dei cinque autori sono infatti reciprocamente discussi e commentati lasciando entrare il lettore in uno spazio vivo e critico, sperimentando direttamente
"la grande lezione di Bateson (1972) sulla differenza: "solo le differenze e il confronto fra differenze, sono generatrici di informazioni e di conoscenza". In questo senso, si vorrebbe continuare ad
ascoltare l'intreccio delle narrative degli autori, come in un cd musicale, nel quale non si desidera che arrivi l'ultima traccia.
Mi sono domandato a che genere di musica avvicinare quest'invenzione a cinque voci e immediatamente mi è sembrato un vecchio pensiero, un vecchio modo di ascoltare la musica, allora sono tornato a
Bateson e in particolare al "seminario di Darlington. In cerca del sacro". Qui alla fine del suo intervento Bateson risponde così al suo interlocutore che gli domanda: Come pensa che possiamo
acquisire una maggiore armonia?
Bateson: -Portiamoci a casa la mano e consideriamola con attenzione come un aggregato di relazioni e non come un aggregato di oggetti. In complesso un artista o più artisti che stiano rappresentando
un paesaggio, per esempio, in parte vedono questo paesaggio non come un albero, una casa, un colle, bensì come questa forma con quella forma. E le forme debbono essere collegate, e mentre dipinge il
quadro l'artista dimentica che sta dipingendo un colle, una casa, un albero. È la stessa cosa di cui parlo quando dico che Lei potrebbe guardarsi la mano e vedere che è un insieme di relazioni.
Condursi a meditare da questa prospettiva ha un effetto curiosissimo.
Buona lettura e buon ascolto.