Le pagine del sito dell'EFTA propongono tre ricordi scritti da Luigi Onnis nel febbraio 2015
Sono molto ramaricato di non poter partecipare all’anniversario dell’EFTA per improvisi problemi di salute (influenza, febbre). Vorrei contribuire communque a ricostruire questa ormai lunga storia dell’EFTA a traverso dei ricordi personali. Il primo ricordo rimanda a uno scenario del 1975, quando nei locali intorno alla Piazza del Mercato di Bruxelles, Mony Elkaim organizò uno straordinario incontro tra i rappresentanti dell’Antipsichiatria e della Psichiatria alternativa dei vari paesi europei. C’era Laing e Cooper dell’Inghilterra, Felix Guattari e Robert Castel della Francia e Franco Basaglia e Giovanni Jervis dell’Italia. Perché questo incontro fu importante?: perché furono subito chiare le connessioni tra questi movimenti e la cultura sistemica che stava cominciando ad espandersi in Europa. L’elemento comune era legato al fatto che entrambe valorizzavano l’influenza del contesto sull’origine della sofferenza psichica. I movimenti dell’Antipsichiatria davano più importanza al contesto socio politico più ampio, l’orientamento sistemico, agli aspetti microsociali come i gruppi di lavoro, le classi scolastiche (la scuola) ed in particolare, la famiglia. Ma era evidente l’interdipendenza tra questi aspetti macrosociali e microsociali. Quando 3 anni dopo, nel 1978, in Italia la Legge Basaglia sanciva il definitivo superamento delle grandi istituzioni psichiatriche, gli operatori della salute mentale si trovarono ad affrontare l’emergenza del disagio psichico nel luogo sociale della sua nascita e non fu affatto sorprendente che trovassero nel orientamento sistemico chiavi interpretative e strumenti di intervento più adeguati. Questo spiega forse, l’espansione particolare che la psicoterapia sistemica ebbe in quell’ epoca in Italia.
Il secondo ricordo: altro scenario.
Siamo nel 1990 in un salone del Hotel Lutétia (Parigi) dove per iniziativa di Mony Elkaim s’incontrarono circa 50 terapeuti familiari provenenti da vari paesi europei, e decidono di fondare l’EFTA. Era importante dare una struttura organizzativa più solida al « Family Therapy Network » che fino a quel momento collegava i terapeuti familiari. In quel epoca però, la necessità di tutelare meglio la professionalità dei terapeuti familiari e di garantirne il riconoscimento nei vari paesi europei, imponeva la formazione di una associazione organizzata con membri individuali e direttivi eletti (Board). 2 Ricordo ancora con quanto entusiasmo ci acingemmo a questa impresa nominando Mony primo presidente, con la consapevolezza di iniziare una battaglia comune di grande importanza.
Il terzo ricordo: altro scenrio ancora.
Siamo ancora a Parigi, ma questa volta nella sede del APRTF del grupo di Elida Romano, uno dei membri del Board. E’ qui che a partire dalla fine degli anni 90 cominciarono una serie regolare di incontri tra il direttivo (Board) dell’EFTA con i rappresentanti degli istituti dei vari paesi europei e con delle associazioni nazionali là dove si erano constituite. Questi incontri, che ebbi l’incarico di promuovere come coordinatore, vertevano in particolare sui Training Standarts e sul riconoscimento dei terapeuti familiari. Ritengo che questi incontri si siano rivelati di grande importanza perché furono la premessa di una richiesta degli istituti e delle associazioni nazionali, di partecipare più direttamente e più attivamente, allo sviluppo dell’EFTA. Credo perciò che questi incontri siano stati la matrice dell’ attuale struttura tricamerale dell’EFTA, che nè ha permesso negli anni una ulteriore ed importante espansione. Io sono molto orgoglioso di aver partecipato a tutti questi importanti momenti di crescita dell’EFTA e di continuare a dare il mio contributo in qualità di Presidente Honorario, perché si rafforzi ulteriormente come associazione scientifica seria che tutela la professionalità ed il riconoscimento dei terapeuti familiari. Ma sono soprattutto orgoglioso di far parte di una cultura sistemica che credo oggi sia essenziale perché portatrice di complessità, di tolleranza, di rispetto dell’altro, di accettazione delle differenze. Parafrasando una canzone dei Beatles : « All you need is Love », penso di poter dire che oggi « All we need è una cultura sistemica » (all we need is a sistemic culture), perché è questa cultura che permette nel nostro mondo globalizato « to put in love » (mettere in amore, mettere in relazione specificità e identità che altrimenti la glob. Cancella/ to put in respectfull and affective relations) tutte quelle specificità ed identità che rischiano altrimenti di scomparire nella globalizzazione contemporanea. Ho molta fiducia che anche per il futuro l’EFTA sappia svolgere questo importantissimo compito di diffusione di una cultura sistemica dell’interdipendenza e della complessità.
Luigi Onnis, Presidente Onorario dell’EFTA.